Il Jobs Act autonomi ha modificato la disciplina delle collaborazioni, oggetto di una profonda rivisitazione ad opera del D.Lgs. n. 81 del 2015, attuativo del Jobs Act, che all’art. 15 prevede che la collaborazione si intende coordinata e continuativa quando il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti. Il quadro normativo si completa, in tal modo, con l’introduzione di misure a tutela del collaboratore quale soggetto debole del contratto.
La legge 22 maggio 2017, n. 81, in vigore dal 14 giugno 2017, ha previsto diverse misure a tutela del lavoro autonomo. In particolare, le novità riguardano i rapporti di lavoro autonomo di natura non imprenditoriale, di cui al titolo III del libro quinto del codice civile, ivi inclusi quelli che hanno una disciplina particolare ai sensi dell’articolo 2222 del codice civile.
Il riferimento è sia ai contratti d’opera previsti dall’articolo 2222 c.c. che al contratto d’opera professionale regolato dall’articolo 2230 c.c. Sono invece esclusi dall’ambito di applicazione gli imprenditori, compresi i piccoli imprenditori di cui all’articolo 2083 del codice civile.
Le novità riguardano anche le collaborazioni coordinate e continuative la cui disciplina era già stata oggetto di una profonda rivisitazione ad opera del decreto legislativo n. 81 del 2015, attuativo del Jobs Act. Tale provvedimento, infatti, da un lato (articolo 52, comma 1) ha abrogato la precedente normativa prevista dalla legge Biagi (articoli da 61 a 69-bis del decreto legislativo n.276 del 2003), dall’altro (articolo 2), ha introdotto un nuova regolamentazione prevedendo l’applicabilità della disciplina del lavoro subordinato alle collaborazioni cd. etero organizzate dal committente. Il medesimo articolo 52 del D. Lgs. n. 81/2015, al comma 2 ha comunque fatto salvo quanto disposto dall’articolo 409 del codice di procedura civile.
La nuova legge 81 del 2017 completa il quadro regolatorio del lavoro introducendo una serie di misure poste a tutela del collaboratore quale soggetto debole del contratto. Con riferimento alle collaborazioni coordinate e continuative, ha introdotto una modifica all’articolo 409 c.p.c. finalizzata a specificare il significato di uno degli elementi di tale forma di lavoro autonomo, quello del coordinamento.
L’articolo 15 della Legge n. 81/2017, infatti, prevede che la collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa.
L’aggiunta della citata puntualizzazione è certamente utile in quanto inserisce nella norma quello che rappresenta un elemento fondamentale di tale tipologia contrattuale. Infatti, se l’elemento subordinazione rappresenta il discrimine con il lavoro subordinato, il coordinamento rappresenta l’elemento se vogliamo distintivo rispetto al contratto d’opera tradizionale, nella misura in cui consente al committente di poter utilizzare la collaborazione del collaboratore nella propria organizzazione.
Si tratta dell’elemento che, proprio per la collaborazione del prestatore con l’organizzazione del committente, ha portato a considerare tale contratto parasubordinato. Per tale motivo, l’articolo 409 c.p.c., così come riscritto nel 1973, nell’individuare le tipologie contrattuali alle quali si applica il rito del lavoro, ha compreso anche le collaborazioni coordinate e continuative. In particolare, l’articolo 409 c.p.c., definisce i rapporti di collaborazione come quelli che si concretano in una prestazione di opera continuata e continuativa e coordinata, prevalentemente personale. La collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa.
Elementi della collaborazione
Gli elementi della collaborazione sono: collaborazione e coordinamento con il committente; continuità della prestazione. Il coordinamento, quindi, rappresenta quell’elemento che nel contratto stipulato tra le parti trova le modalità attraverso le quali il prestatore svolgerà la propria attività a favore del committente.
Di converso, il committente non potrà unilateralmente modificare le modalità di svolgimento dell’attività del collaboratore in quanto ciò rappresenta uno degli elementi tipici del lavoro subordinato. Ovvero chiedere al lavoratore di svolgere l’attività lavorativa secondo le proprie direttive.
Sostanzialmente: obbligazione di risultato secondo quanto dedotto contrattualmente nel caso della collaborazione coordinata e continuativa e obbligazione di mezzi nel mettere a disposizione le proprie energie lavorative a favore del datore di lavoro nel caso del lavoro subordinato.
Opportunamente, per quanto ontologico, il nuovo articolo 409 c.p.c. puntualizza che il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa.
Qualificazione del rapporto di lavoro
E’ indubbio che la modifica dell’articolo 409 c.p.c. non risolverà i problemi di qualificazione dei rapporti di collaborazione nei quali il confine tra autonomia e collaborazione si presenta estremamente labile, ma certamente aver puntualizzato in una norma quanto dottrina e giurisprudenza avevano già individuato nel definire il coordinamento e la necessità dell’autonomia del collaboratore, può rappresentare un ulteriore momento di riflessione per le parti in sede di stipulazione di un contratto di collaborazione coordianta e continuativa.
Peraltro, non si può che constatare, analizzando la giurisprudenza relativa alla genuinità delle collaborazioni coordinate e continuative, che molto spesso le modalità di svolgimento della prestazione hanno evidenziato la difformità negoziale dei contratti spesso tesi ad eludere la disciplina del lavoro subordinato.
Quindi non solo la presenza della etero organizzazione ma anche della etero direzione, elemento, come detto, qualificatorio del lavoro subordinato.